Tra i molti costumi che fanno del Natale la Festa più bella dell’anno, una tradizione tipicamente bresciana resiste all’avanzare tecnologico: “Il ceppo natalizio”.
Oggi molti hanno la possibilità di accendere nella propria casa il camino, quindi non ci sono molte difficoltà a recuperare il ciocco da ardere. Un tempo quando la povertà imperava, gli ostacoli erano maggiori, ed allora una tradizione liberatoria sistemava ogni cosa. Era infatti costume e dovere del “padrone” regalare il ceppo natalizio ai suoi braccianti. Erano proprio i figli del contadino che si recavano dal padrone per la richiesta del pezzo di legna buona. Doveva essere un tronco di gelso o di rovere.
Il Natale è la festa che rende possibile ciò che le norme sociali hanno proibito. È il trionfo della bontà, anche se programmata, ed i bambini andavano allegri alla casa padronale a chiedere legna. Il ciocco veniva trascinato fino a casa, e poi, sul fuoco, doveva ardere per tutta la notte della vigilia.
A questa usanza sono legate credenze dal sapore magico. Si diceva infatti che chi bruciava la Notte di Natale, avrebbe preservato la sua casa dalle malattie e dagli incendi. Il ceppo favoriva anche i matrimoni, e la fertilità della terra.
Un rito pagano, quindi, sapientemente integrato nella fede cristiana, pur se legato ai culti tribali agrari. È ben noto come i pagani celebrassero l’evento accendendo dei grandi fuochi in onore dei Lari, al solstizio d’inverno. Si festeggiava la ri-nascita del sole, mentre i cristiani tenevano viva la fiamma del ceppo natalizio in attesa della venuta di Gesù.
Il rito è rimasto, cambiano le speranze. L’ardere del ceppo natalizio, sparso con vino benedetto dal capo della famiglia è, in tutta Europa, il corrispondente dei Fuochi di San Giovanni, che ricordano l’epoca in cui il sole riacquista vigore e beneficia la terra.
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